DISTURBO DEL SONNO

Il sonno è un momento essenziale di riposo e di benessere: favorisce, infatti, tutti i processi di rigenerazione e crescita e permette di fissare nella memoria le esperienze fatte durante la veglia. Il sonno è una funzione biologica regolata dai ritmi circadiani.

Nell'ipotalamo è presente una struttura cerebrale che funziona da orologio biologico e che gestisce questa alternanza di stadi, interagendo con gli stimoli provenienti dall'ambiente. Turni di lavoro, interazioni sociali e orari dei pasti sono elementi temporali estrinseci che contribuiscono a regolare i cicli sonno-veglia. Anche fattori omeostatici possono avere un impatto sul sonno: ad esempio il tempo occorrente per addormentarsi risulta inversamente proporzionale alla durata del precedente periodo di veglia. In caso di deprivazione prolungata di sonno vi è un aumento della tendenza a dormire; durante la fase di recupero si osserva un effetto di rimbalzo che induce una minore latenza del sonno, un aumento della sua durata totale e una percentuale più alta di sonno ad onde lente. L'età influenza fortemente la qualità e la durata del sonno. Gli anziani , ad esempio, presentano risvegli più frequenti e prolungati e tendono a trascorrere più tempo a letto, per cercare di recuperare la carenza di sonno percepita. Il sonno viene inoltre, alterato da molte patologie mediche quali infezioni, patologie endocrine (ipertiroidismo), cardiovascolari, neurologiche (Parkinson), polmonari e condizioni che inducono dolore (artriti, neoplasie e sindromi dolorose croniche).

Anche i farmaci che possono causare insonnia ( broncodilatatori e steroidi), così come possono indurre sonnolenza ( antistaminici). Il sonno è poi estremamente sensibile allo stress e alla sofferenza emotiva, ed essere compromesso a causa di eventi importanti isolati (divorzio, lutto...) o di agenti stressanti di minore rilevanza, ma che si verificano quotidianamente (difficoltà interpersonali, pressioni lavorative...), incrementando il livello di attivazione prima dell'addormentamento e durante i risvegli notturni.

In genere il sonno torna normale quando si risolve la fase acuta della situazione stressante, ma le difficoltà possono anche cronicizzarsi per effetto di fattori di mantenimento (abitudini maladattive, cognizioni disfunzionali sul sonno). La caffeina, la nicotina e l'alcol possono alterare il sonno se assunte troppo vicine al momento di andare a letto. Anche l'ingestione di pasti pesanti in tarda serata può disturbare il sonno.

L'allenamento fisico poco prima di dormire interferisce con il sonno, mentre è consigliabile svolgerlo nel tardo pomeriggio o in prima serata. Sonnellini diurni, ritardano l'esordio del sonno la notte seguente. Altri fattori di rischio sono il rumore (traffico o compagno che russa),la temperatura, la luce, la qualità del materasso e la temperatura ambientale troppo calda o troppo fredda. L'insonnia è un problema di salute pubblica che colpisce grandi settori della popolazione su base situazionale, ricorrente o cronica.

L'insonnia, quando diventa persistente è associata a significative disfunzioni diurne e peggiora la qualità della vita. Quando l'insonnia persistente non è trattata aumentano i rischi di depressione maggiore e di ipertensione. Pochissime sono le persone che non hanno avuto esperienza diretta di una o più notti trascorse insonni. I fattori che possono alterare la qualità e la quantità del sonno sono numerosissimi, sono di natura individuale, sociale e lavorativa e si combinano tra loro nei modi più diversi. E' comunemente riportato che il 10-15% della popolazione adulta soffre d'insonnia persistente e che almeno un terzo della popolazione generale deve aspettarsi di soffrire occasionalmente di questo disturbo nel corso della vita.

In linea generale ,l'insonnia è caratterizzata da un vissuto soggettivo di difficoltà ad iniziare e/o mantenere il sonno, oppure dalla presenza di un sonno non ristoratore, associato ad una marcata sofferenza e/o compromissione significativa dell'attività sociale e professionale. Altri criteri per definire l'insonnia sono i seguenti:

  • Gravità: latenza di addormentamento o tempo di veglia notturna superiore a 30 minuti; oppure ultimo risveglio verificatosi oltre 30 minuti prima dell'orario desiderato e con durata totale del sonno inferiore a 6,5 ore; efficienza del sonno (durata del sonno/tempo trascorso a letto x 100) inferiore all'85%. Gli esami obiettivi possono non confermare le difficoltà lamentate dal pz;
  • Frequenza: difficoltà presenti 3 o più notti la settimana;
  • Durata: presente da oltre un mese (DSM) o da oltre 6 mesi (ICD);
  • Difficoltà diurne/sofferenza marcata.

Gli insonni tendenzialmente, presentano stanchezza mentale e fisica, piuttosto che una vera e propria sonnolenza fisiologica. L a sonnolenza è più frequente in casi di insonnia secondaria ad un altro disturbo medico o del sonno. Lo stato di ipervigilanza di chi soffre di insonnia primaria è in parte causa dell'incapacità di fare sonnellini, anche durante il giorno. Quando l'insonnia è persistente si può sviluppare una sensazione di impotenza appresa o di disforia, soprattutto se il soggetto percepisce che qualunque cosa possa fare il sonno rimane imprevedibile e incontrollabile. L'insonnia può essere situazionale, ricorrente, persistente. Può variare nel tempo, manifestando difficoltà di addormentamento nei primi stadi e problemi nel mantenimento del sonno nelle fasi avanzate. Il decorso può essere intermittente (brevi episodi ripetuti, strettamente legati a eventi stressanti) o cronico. Nonostante la sua alta frequenza, morbosità, e costi, l'insonnia spesso resta non curata o viene trattata con auto-rimedi (es. alcool, medicine da banco) di discutibile efficacia e sicurezza.

La terapia cognitiva comportamentale (CBT) e la farmacoterapia (agonisti del recettore delle benzodiazepine) sono i soli trattamenti che hanno un'adeguata evidenza clinica nella gestione dell'insonnia.

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